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Rischio clinico e Non Technical Skills nei servizi di emergenza sanitaria
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Introduzione
L’intervento in scenari complessi in situazioni di emergenza comporta un notevole impegno da parte dei singoli e dei gruppi di professionisti perché siano il più possibile raggiunti gli obiettivi prefissati mantenendo la massima attenzione alla sicurezza degli operatori. A tale scopo si è visto che è necessario da parte dei professionisti il possesso di competenze tecniche specifiche della professione e competenze o abilità di tipo trasversale, non tecnico. Le competenze non tecniche più studiate sono la consapevolezza situazionale, il decision making, il teamwork, la leadership, la gestione dello stress.

Rischio clinico e “errori attivi” in sanità
Le riforme organizzative degli ultimi anni portate avanti dalle aziende sanitarie pongono una particolare attenzione, a fianco di obiettivi relativi a tagli e ottimizzazione della spesa, su aspetti ritenuti ormai centrali dei servizi al cittadino, come sicurezza e qualità delle cure (Ministero della Salute, 2004). Ambedue sono da tempo considerati parte del più ampio settore di studio conosciuto con il termine clinical risk management.
Per rischio clinico si intende la probabilità che un paziente sia vittima di un evento avverso e che subisca un “danno o disagio imputabile, anche se in modo involontario, alle cure mediche prestate durante il periodo di degenza che causa un prolungamento del periodo di degenza, un peggioramento delle condizioni di salute o la morte” (Kohn, Corrigan, Donaldson, 1999). Tali eventi avversi si intendono collegati al percorso diagnostico terapeutico assistenziale (Perrella e Leggeri, 2007). In linea con tale collegamento, l’ambito di studio del risk management, sia in generale che con riguardo ai servizi di emergenza sanitaria, si è ampiamente occupato di analizzare il rischio osservando la casistica degli eventi avversi e le loro correlazioni con fattori organizzativi (ritardato invio del mezzo di soccorso, mancanza di farmaci o presidi, ecc.), tecnologici (malfunzionamento dei mezzi informatici, avaria al mezzo di soccorso in itinere, ecc.) e professionali (mancata intubazione, trasporto inadeguato, ecc.). In tale ottica, come James Reason ha illustrato con il suo modello del “formaggio svizzero” (Reason, 1990), gli incidenti sono spesso la risultante di una sequenza di falle all’interno di una organizzazione, e quindi da attribuire ad una combinazione di errori sia commessi dal personale operativo (errori attivi), sia imputabili a condizioni latenti presenti nell’organizzazione.
A fianco di tale indirizzo di studio, e condividendo l’assunto alla base degli studi sul risk management, secondo cui gli errori umani non possono essere eliminati, ma è possibile individuarli, minimizzarli e mitigarli, si è sviluppato negli ultimi decenni un campo d’indagine e formativo, in particolare riguardo ai settori ad alto rischio, con un focus centrato sul comportamento degli operatori di “front-line”, ovvero coloro a cui è demandato l’esercizio di attività diretta al paziente, compito questo molto gravoso soprattutto per quegli operatori, come i soccorritori e gli infermieri che intervengono nelle emergenze, su cui gravano stressors sia cronici che acuti dovuti al setting emergenziale caratterizzato spesso da confusione, pressione temporale, criticità clinica (Van der Ploeg e Kleber, 2003). “Il personale di front-line rappresenta l’ultima linea di protezione delle difese del sistema” e quindi si trova nelle condizioni in cui, oltre ad essere responsabile di errori attivi che possono contribuire alla generazione di perdite e danni, ha la possibilità di individuare e correggere tali errori e di intercettare errori commessi da altri. Gli “errori attivi” in questo senso possono riguardare la non corretta applicazione di procedure e tecniche professionali oppure comportamenti inadeguati non dovuti alla preparazione tecnica e professionale, bensì a capacità cognitive e relazionali. E’ a questo livello che risultano di fondamentale importanza le Non-Technical Skills (Flin, O’ Connor, Crichton, 2008).

Gli studi sulle Non Technical Skills
Le Non Technical Skills, fanno riferimento alle “abilità che esulano dall’expertise tecnica di una determinata professione ma che si rivelano altrettanto importanti per la sicurezza e la qualità del lavoro” (Prati, Pietrantoni, Rea, 2006). Gli studi sulle Non Technical Skills hanno origine nell’ambito dell’aviazione, circa trent’anni fa, quando si vide, analizzando la casistica degli incidenti aerei più gravi, che la maggior parte di questi non erano dovuti a cause di tipo tecnologico o organizzativo bensì imputabili all’errore umano. Nello specifico, le abilità non tecniche in questione, sono definite in letteratura “competenze cognitive, sociali e personali, complementari alle competenze tecniche, che contribuiscono all’attivazione di performance lavorative sicure ed efficaci” (Flin, O’ Connor, Crichton, 2008). A partire dall’ambito dell’aviazione, anche le industrie ad alto rischio in generale, i servizi di emergenza e le organizzazioni militari prendono sempre più in considerazione l’idea che difficilmente si riesce a gestire i problemi legati alla sicurezza basandosi unicamente sugli aspetti tecnologici e sulle competenze tecniche, cominciando così ad occuparsi degli aspetti relativi alle abilità non tecniche dei lavoratori.
In generale, in letteratura, le principali Non Technical Skills (NTS) analizzate sono sette: consapevolezza situazionale (la capacità di prestare attenzione all’ambiente di lavoro); decision making; comunicazione; team work (lavoro di gruppo); leadership; gestione dello stress; capacità di sostenere la fatica.

Le Non Technical Skills in ambito emergenziale sanitario
In sanità e in particolare nell’ambito delle emergenze sanitarie, le NTS maggiormente studiate ed applicate nei training formativi sono (Cant, Porter, Cooper, Roberts, Wilson, Gartside, 2016):
– Situation awareness (consapevolezza situazionale). La definizione più comune di consapevolezza situazionale è stata proposta da Endsley: “la percezione degli elementi dell’ambiente presenti all’interno di un periodo di tempo e di un determinato spazio, la comprensione del loro significato e la proiezione del loro status nell’immediato futuro” (Endsley, 1995). Tale definizione introduce la concettualizzazione di situation awareness a tre livelli. La compromissione di uno di questi tre livelli può essere causa di errori.
– Decision-Making (presa di decisione). Per Decision-Making si intende il processo attraverso il quale viene formulato un giudizio, viene scelta una opzione e viene implementata un’azione per rispondere ai bisogni in una data situazione. Momenti e circostanze differenti possono prevedere l’utilizzo di tecniche di decision-making diverse. Nel caso di esperti che abitualmente lavorano in gruppo e sono soggetti a pressioni temporali in condizioni di alto rischio e di elevata incertezza, il modello di decision-making che meglio spiega le modalità di presa di decisione è detto naturalistico, dove le scelte sono meno analitiche e più intuitive grazie all’expertise del professionista (Flin, O’ Connor, Crichton, 2008).
– Communication (comunicazione). In un gruppo di lavoro la comunicazione è una variabile fondamentale per l’efficienza delle cure e per la sicurezza ambientale e degli stessi operatori. Gli elementi che la caratterizzano, con il coinvolgimento di competenze verbali e non verbali, e che risultano fondamentali in emergenza sono: l’invio di informazioni in modo chiaro e conciso, l’inclusione nello scambio di informazioni di variabili di contesto, la ricezione di informazioni in particolare attraverso l’ascolto, l’identificazione di barriere comunicative. Una comunicazione deficitaria o scarsa o una erronea interpretazione dei messaggi può determinare l’insorgenza di problemi comunicativi (Prati, Pietrantoni, Rea, 2006).
– Teamwork (lavoro di squadra). All’interno delle organizzazioni, soprattutto negli ambienti di lavoro ad alto rischio, lo sviluppo delle abilità collegate al lavoro di gruppo costituisce un elemento chiave per garantire maggiore sicurezza ed efficacia. Gli elementi principali del teamwork sono: sostenere gli altri membri del team attraverso il miglioramento del benessere emotivo dei membri; la capacità di risolvere i conflitti e uno scambio di informazioni efficace tra tutti i livelli del gruppo; un efficace coordinamento delle attività, favorito da un’equa distribuzione del carico di lavoro e dal monitoraggio delle singole performance.
– Leadership. La leadership di un gruppo “si riferisce alla direzione e coordinamento delle attività dei membri del team considerato; all’incoraggiamento delle persone a lavorare insieme; alla valutazione delle performance; all’assegnazione dei compiti; allo sviluppo delle conoscenze di gruppo, delle abilità e delle competenze; alla promozione di strategie motivanti; alla pianificazione e alla programmazione; alla creazione di un’atmosfera di lavoro positiva”. Gli elementi che la caratterizzano sono: l’uso dell’autorevolezza, il mantenimento degli standard, la pianificazione e definizione delle priorità, la gestione del carico di lavoro e delle risorse (Flin, O’ Connor, Crichton, 2008).

Training formativi e markers comportamentali
La conoscenza del problema a livello scientifico, che nasce principalmente dall’esigenza di fornire una risposta alle organizzazioni intenzionate a ridurre l’incidenza di eventi avversi, ha permesso di progettare e implementare specifici training formativi per le aziende e organizzazioni che svolgono attività ad alto rischio. A tale scopo si è reso necessario approfondire gli studi con l’obiettivo di identificare, per diversi ambiti lavorativi, indicatori comportamentali (behavioural markers) per permettere sia la progettazione di efficienti training formativi sia per la valutazione oggettiva delle performance e simulazioni.
In questa direzione, l’Industrial Psychology Research Centre dell’Università di Aberdeen, attraverso il lavoro di un’équipe di professionisti, ha elaborato una serie di strumenti per lo studio e l’applicazione dei principi delle NTS in vari settori produttivi, che utilizzano indicatori comportamentali specifici per diverse categorie professionali. Di particolare interesse per la sanità è il sistema SPLINTS (Scrub Pratictioners’ List of Intraoperative Non-Technical Skills) (Mitchell, Flin, Yule, Mitchell, Coutts & Youngson, 2013), che prevede l’utilizzo di griglie specifiche per l’individuazione e la registrazione da parte di osservatori in situazioni di valutazione delle performance e di training formativi per il personale.

Conclusioni
L’errore umano, come dimostrato dagli studi sull’argomento, è il fattore maggiormente implicato nella spiegazione della molteplicità degli eventi avversi in diversi ambiti di lavoro, fra cui la sanità. Un’efficace strategia di gestione della sicurezza, che non deve in ogni modo sottovalutare il peso di un’ampia serie di fattori, tra cui il management aziendale, la cultura e l’organizzazione del lavoro, la preparazione tecnica dei professionisti, ecc., deve poter includere interventi formativi per il personale sanitario che integrino l’apprendimento di conoscenze e competenze tecnico-professionali e l’acquisizione, grazie anche allo sviluppo di sistemi di indicatori comportamentali specifici per ambito di attività, di abilità comunicative, relazionali, cognitive complementari per garantire prestazioni efficaci.

BIBLIOGRAFIA

CANT, R.P., PORTER, J.E., COOPER, S.J., ROBERTS, K., WILSON, I., GARTSIDE, C. (2016), Improving the non-technical skills of hospital medical emergency teams: The Team Emergency Assessment Measure. Emergency Medicine Australasia, 28, 641-646
ENDSLEY, M.R.. (1995). Toward a Theory of Situation Awareness in Dynamic Systems, Human Factors, 37(1), 32-64.
FLIN, R., O’ CONNOR, P., CRICHTON, M., (2008). Safety and sharp end – A guide to Non Technical Skills, CRC Press, Boka Raton.
MINISTERO DELLA SALUTE, COMMISSIONE TECNICA SUL RISCHIO CLINICO, 2004, Risk Management in Sanità – Il problema degli errori.
MITCHELL, L., FLIN, R., YULE, S., MITCHELL, J., COUTTS, K. & YOUNGSON, G. (2013). Development of a behavioural marker system for scrub practitioners’ non-technical skills. Journal of Evaluation in Clinical Practice, 19, 317-323
PERRELLA, G., LEGGERI, R., (2007), La gestione del rischio clinico – La sicurezza del paziente e la lotta agli sprechi nelle strutture pubbliche e private, FrancoAngeli, Milano.
PRATI, G., PIETRANTONI, L., REA, A., (2006). Competenze e marcatori comportamentali nelle professioni a rischio, Tendenze della Psicologia, Vol. 4, N. 3.
REASON, JT, (1990), Human error. Cambridge University Press, New York.
SHIELDS, A., FLIN, R., (2014), Paramedics’ non-technical skills: a literature review. Emerg Med J, 30:350–354.
VAN DER PLOEG, E. & KLEBER, R.J. (2003). Acute and chronic job stressors among
ambulance personnel: predictors of health symptoms, Occup Environ Med, 60, 40-46
KOHN, L., CORRIGAN, J., DONALDSON, M.E., (1999), The error is human: Building a safer health system, Institute of Medicine, Washington.

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